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Trio, l’ultimo romanzo di Dacia Maraini

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"TRIO"

L’ULTIMO ROMANZO DI DACIA MARAINI

Con quest’ultimo romanzo, ambientato durante la la peste che colpì Messina nel 1743, Dacia Maraini affronta il tema dell’amicizia e della solidarietà che unisce due donne, Agata e Santuzza, il cui legame ha radici profonde e risale all’infania, quando insieme ricamavano sotto “lo sguardo severo di suor Mendola”.

La ricostruzione dell’atmosfera di morte e di paura a causa dell’epidemia che si diffonde di più a Messina, ma in reltà in quasi tutta l’isola, è molto simile alla drammatica situazione che abbiamo vissuto negli ultimi mesi in tutta Italia per la pandemia causata dal Covid-19.

 Simili sono i sentimenti di angoscia e l’isolamento degli abitanti a causa dei contagi descritti dall’autrice. La decimazione della popolazione di Messina, per la peste propagatasi, ci riporta alla tragica esperienza dei numerosi decessi dei mesi scorsi nelle zone rosse di alcune regioni d’Italia (Lombardia, Emilia Romagna, ecc…). Il lungo periodo di quarantena, che ha bloccato la vita sociale ed economica facendoci ripiombare in una situazione da dopoguerra per la mancanza di alcuni generi di prima  necessità, è uguale alla descrizione del disagio provato dalle protagoniste per le difficoltà nel recuperare le scorte di cibo.

Naturalmente al centro dell’opera “Trio” vi è la complicità e i sentimenti delle due donne, che si manifestano e si rafforzano attraverso il reciproco scambio epistolare, nonostante l’epidemia le allontani fisicamente. Ciò che le unisce è la condivisione dell’amore per lo stesso uomo, Girolamo: marito di Agata e amante di Annuzza. Questo equilibrio di un rapporto a tre si rivela necessario per capire meglio la psicologia maschile.

La contesa dello stesso uomo è uno dei “topos” della letteratura, e soprattutto della narrativa del Settecento-Ottocento, ma nella storia narrata in questo racconto lungo (più che romanzo) si supera lo stereotipo del triangolo marito-moglie-amante per dare spazio a forti e profondi valori come l’amicizia, la generosità, la solidarietà, che vissuti da donne cementano un grande legame di “sorellanza”.

Se spesso nella vita degli uomini l’amore di diverse donne alimenta il loro narcisismo, in questo romanzo l’uomo è una figura evanescente: compare quando è evocato nelle confidenze delle due donne per poi allontananarsi e rinchiudersi nel suo isolamento. Soffocato dall’amore smisurato della madre, Girolamo rivela quindi le sue fragilità e debolezze. Ama la moglie Agata ed è legato alla figlia Mariannina, ma nello stesso tempo nutre una grande passione per Annuzza, che gli riempie alcuni vuoti della sua esistenza: “ Per lui due donne che amano lo stesso uomo non possono che pensare al velendo o al coltello”, e invece il legame tra Annuzza e Agata non è contaminato dalla gelosia e si rafforza sempre di più.  In una lettera Agata scrive ad Anna, ricordandole i loro giochi da piccole “Mi è piaciuto il modo in cui mi lanciavi la palla di stracci dell’infanzia, senza competere con me, ma come se volessi parlarmi nel linguaggio allegro e arcano del gioco”; forse Girolamo rappresentava quel giocattolo dell’infanzia, la cui preziosità è costituita dal modo con cui le donne lo guardano e lo ammirano.  Questo sguardo a due richiama specularmente la teoria di Ariostotele sull’essenza dell’amicizia, quando afferma che “L’amicizia è sola anima che abita in due corpi, un cuore che batte in due anime” e nell’universo femminile, rappresentato dall’autrice, questo unico sguardo di Agata e Annuzza è volto a considerare con compassione e tolleranza le “miserie umane”.

Se il Settecento è stato già lo scenario del romanzo “La lunga storia di Marianna Ucria”, che racconta del trauma della giovane aristocratica Marianna (a causa dello sturpro subito a soli tredici anni da uno zio, perdendo l’uso della parola), la cornice dell’epidemia di peste di Messina del 1743 consolida invece la gioia di un antico rapporto di amicizia tra le due protagoniste e in questo consiste la libertà e “l’emancipazione” di Agata e Annuzza; così come la scrittura e la lettura costituiranno il tramite attraverso cui Marianna Ucria si ribellerà a quel mondo ipocrita della nobiltà settecentesca, in cui il prestigio di facciata era più importante della felicità di una persona, visto che la famiglia la aveva data in sposa al suo stupratore.

I romanzi di Dacia Maraini, ambientati  in epoche storiche del passato o più contemporanee, al cui interno  sono narrate vicende di donne (adolescenti, madri, bambine, ecc…) sono un pretesto per riflettere non solo sulla condizione femminile, ma sull’ umanità in generale.

La capacità dell’autrice è quella di saper cogliere tutte le sfumature della sensibilità dell’animo umano, riuscendo tuttavia a rendere sublimi i sentimenti e le peculiarità dell’universo femminile.

 

GIUSEPPINA BOSCO

 Nicola Lo Bianco - 06/10/2020 18:34:00 [ leggi altri commenti di Nicola Lo Bianco » ]

Giuseppina Bosco ha la non comune virtu’ di cogliere, anche nelle opere di epoche lontane, gli aspetti più attuali, più vicini alla nostra esperienza e sensibilità.
E’ il caso di questo suo scritto dedicato all’ultimo romanzo di Dacia Maraini, TRIO, dove si sottolineano le analogie della epidemia del 1743 a Messina e la pandemia di cui giorno dopo giorno facciamo esperienza oggi .
Ma questa è, come prontamente esplicita la Bosco, l’atmosfera, l’ambientazione, lo sfondo, ché , come è di tanti altri romanzi della Maraini(nell’articolo, ad es. , si cita “La lunga storia di Marianna Ucria”) , la tematica è di risvolto morale e sentimentale,e non storica.
Difatti, l’articolo mette bene in luce che il romanzo intende raccontare del valore “amicizia”, cioè dell’amicizia fra due donne e dell’amore per lo stesso uomo.
Ma, in questo caso, ed è l’originalità della vicenda narrata, non è la gelosia, ma l’amicizia a prevalere , pur di fronte all’uomo che è marito dell’una e amante dell’altra.
Ed è propriamente l’amicizia fra le due donne che conduce al manifestarsi della fragilità e della debolezza dell’uomo.
Insomma, come è tema corrente oggi, l’uomo ne esce malconcio, mentre più si fa forte la solidarietà e, uso il termine della Bosco, la “sorellanza” fra le due donne.
Insomma, non un semplice articolo, un piccolo breve saggio, questo di Giuseppina Bosco, che con la sua chiara e accorta lettura critica, ci persuade a leggere il romanzo.
Breve saggio, che, a mioo avviso, potrebbe essere gradito alla stessa Dacia Maraini
Nicola Lo Bianco

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